Quando i due giunsero all’esterno della dimora, una lieve brezza li travolse facendo vacillare la giovane dall’equilibrio instabile.
“Dovresti stare attenta!” la informò Erik sostenendola per la vita, soffiandole alla base del collo quelle poche parole e incendiando all’istante i di lei sensi.
“So stare in piedi da sola!” ruggì, scivolando con fatica da quella presa. “Non ho bisogno del tuo aiuto” soffiò i capelli finiti sul volto prima di fissarlo torva.
Era arrabbiata con se stessa e con le irragionevoli reazioni del proprio corpo, ciò nonostante, era irritata anche con la sua spavalda sicurezza.
“Si può sapere perché mi eviti?” le domandò diretto, incapace di sostenere quel comportamento senza mostrarsi pazzo.
“Si può sapere perché mi cerchi?” replicò con una domanda, modellando il viso con un ghigno furbo.
Erik la fissò per un lungo momento mentre cercava una risposta plausibile al proprio assurdo bisogno ma, non trovandone una neutra da darle, attese un po’ più del consueto e lei ne approfittò per gongolare di vittoria.
“Bene”, rise trionfante, “visto che non hai niente da dirmi, rientro.”
“Non ti muovere” le intimò afferrandola nuovamente per il polso.
“Cosa vuoi, Erik?” domandò stremata, nella speranza che quel tono risultasse più infastidito che stuzzicato.
“Te”, ammise sincero, facendo scivolare la mano dal polso a quella di lei, “voglio te.”
Al suono di quelle parole ella scoppiò in una sgraziata risata.
“Lo trovi divertente?”domandò offeso e confuso allo stesso tempo.
“Un po’”, ammise asciugando una lacrima sfuggita agli occhi, mentre singhiozzava dal ridere, “un po’.”
“Posso saperne la ragione?”
“Ridicolo…” soffiò quell’unica parola incapace di spiegarsi meglio.
“Credo tu mi stia offendendo, Maya. Posso accettare un tuo disinteresse, ma non tollero un tale affronto alla mia persona.”
Il tono di Erik suonò talmente profondo da riuscire a scalfire l’ilarità ebbra della ragazza, che all’istante divenne seria.
“Non ti sto offendendo”, mormorò con lieve imbarazzo, maledicendosi per aver bevuto così tanto, proprio il giorno in cui lui si era deciso ad affrontare un tale argomento. “Non lo farei mai.”
“Sembrava il contrario.”
“Ho bevuto troppo” si mortificò abbassando lo sguardo. Con un movimento goffo fissò una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di aggiungere, “Sono confusa. Perdonami. Non sono in grado di…”
“Non è una novità che tu non regga l’alcool, mi spieghi perché hai esagerato?” le domandò ammorbidendo il tono.
“A causa tua” sospirò sempre a occhi bassi.
“Non mi sembra di averti obbligata a bere” replicò tranquillo, avvicinandosi il giusto per sollevarle il mento e guardarla negli occhi. Solo in quel istante si rese conto che il consueto caldo tramonto presente nelle sue iridi era svanito per lasciare il posto a un cielo carico di nubi.
“Non l’hai fatto” confessò spostando gli occhi sulle costruzioni alle di lui spalle, “ma ne ho sentito il bisogno.”
“Hai sentito il bisogno di stordirti?” la interrogò corrugando la fronte e non capendo il nesso.
Maya annuì sulle sue mani. Una parte di lei la invitava a restare in silenzio e a lasciare che pensasse quello che più gli era congeniale, l’altra, invece, si sentiva quasi obbligata a giustificarsi, affinché lui capisse che per lei era importante e che per nessuna ragione al mondo avrebbe mai potuto burlarsi di lui.
Il guerriero rimase per un lungo momento in silenzio a studiarne i lineamenti del volto. Aveva sempre saputo che fosse una giovane graziosa ma, in quel momento, comprese quanto in realtà si sbagliasse. Maya era un vero e proprio incanto, una bellezza unica e incomparabile. Con i lunghi capelli ramati e gli occhi scuri incarnava l’esatto opposto della bellezza norrena, eppure, non c’era uomo che non la trovasse assolutamente affascinante. La pelle d’avorio poi, era talmente chiara e priva di imperfezioni da risplendere al chiarore della Luna e le labbra carnose e naturalmente rosse completavano la di lei bellezza.
Quasi scottato dal solo sguardo lo spostò nuovamente agli occhi. “Ti porto a casa” parlò sciogliendo il contatto e ritrovando una lucida compostezza.
“Non serve, posso sola.”
“Ti porto a casa”, ripeté prendendole la mano, “non discutere.”
Il tempo per Erik di rientrare, prendere i mantelli e partirono.
“Sei prepotente” borbottò poco dopo Maya, incespicando nei suoi stessi passi.
“Preoccupato, semmai” replicò afferrandola per la vita e la sostenne durante tutto il tragitto.
Tenendola stretta al suo fianco, si rese subito conto di quanto fosse leggera e morbida, divagò per alcuni istanti immaginandola priva d’indumenti, ma ritornò al presente quando sentì la sua fronte appoggiarsi sulla spalla. Con il passare del tempo gli effetti dell’alcool erano diventati più potenti e lei era molto meno lucida e stabile, così finì con il chiedersi se l’indomani si sarebbe ricordata di tutta la loro discussione.
“Mi dispiace” mormorò la rossa perdendo completamente il controllo del proprio corpo.
Senza alcuna difficoltà Erik la prese tra le braccia e la portò a casa dove la sdraiò sul proprio giaciglio e la osservò ancora, incapace di credere a quanto fosse stato folle a cedere al bramosia. Con il petto gonfio di oppressione, ringraziò gli Dei che fosse ubriaca e, promise a se stesso, che non avrebbe mai più commesso quell’errore.
Maya era una ragazza innocente che non meritava di finire nelle sue mire licenziose, non le meritava e, quindi, non avrebbe permesso che accadesse.
OMG! Maya ha sbagliato proprio serata per ubriacarsi 😀
Pensate che Erik resisterà? Maya dimenticherà la sua dichiarazione?